di Gi Elle

Il Montasio è tutelato dalla denominazione di origine protetta, come il prosciutto di San Daniele. Ed entrambi, è arcinoto, sono l’emblema che maggiormente contraddistingue l’agroalimentare Made in Fvg. Ma per sostenere la presenza sul mercato del rinomato formaggio Dop è necessaria un’azione di rilancio come “prodotto bandiera” attraverso l’incremento qualitativo e il coordinamento delle produzioni, da ottenere con mediante un centro di servizio comune ai produttori operanti nel Friuli Venezia Giulia per selezione, stagionatura, marchiatura, porzionatura e packaging delle forme.  Da osservare che soprattutto nell’ultimo decennio – come si rileva dai dati del Consorzio per la tutela del Montasio – la produzione complessiva è sensibilmente calata, passando da oltre un milione di forme l’anno a circa 800 mila. E soltanto nel 2018 è tornata a salire, pur tuttavia restando lontana da quei livelli degli anni migliori.

Questa è dunque la linea da seguire per valorizzare e rilanciare il celebre formaggio, che prende il nome dell’omonima montagna del Tarvisiano dove la produzione ha la sua origine storica, ed è stata tracciata durante uno dei tanti convegni che hanno contrassegnato anche questa edizione di Agriest, alla Fiera di Udine, nel corso del quale si è messo l’accento anche sulla costituzione di un Osservatorio del latte quale raccordo tra portatori di interesse e la Regione, su un Centro di competenza per guidare l’innovazione tecnica e culturale degli operatori e sulla creazione di un Cluster latte Fvg per dare vita a un sistema regionale di innovazione del settore lattiero-caseario.

Le principali proposte sono contenute nell’indagine svolta dall’Agenzia di sviluppo del cluster regionale dell’agroalimentare e bioeconomia, Agrifood Fvg, illustrate dal direttore Pierpaolo Rovere nel corso del convegno “Analisi strategica del settore lattiero-caseario regionale. Il punto sulla consultazione territoriale e l’attività dei gruppi di lavoro”.
Lo studio – come emerge da una nota Arc – è frutto di un lavoro durato alcuni mesi che l’assessore regionale alle Risorse agroalimentari, Stefano Zannier, ha affidato all’agenzia: nella fase di ascolto sono state realizzate visite a una trentina di caseifici, stagionatori, latterie industriali; otto incontri con il Servizio veterinario regionale, l’Ersa e i gruppi di azione locale (Gal); sedici riunioni con tutti gli anelli della filiera dal campo alla tavola e una serie di interviste a imprenditori agricoli.
Le proposte sono sia di immediata attuazione per risolvere le questioni più urgenti, sia di programmazione pluriennale, compreso il prossimo Psr 2021-27, cioè il Piano di sviluppo regionale che ci accompagnerà nei primi anni Venti del secondo millennio.

“Abbiamo concluso la fase iniziale di ascolto e messa a fuoco degli strumenti necessari per la strategia di rilancio condivisa della filiera: ora siamo pronti per mettere in campo una serie di azioni, anche di sostegno economico, mirate sulle esigenze che verranno evidenziate di volta in volta dall’Osservatorio permanente. Sarà un’operazione per passi che ci farà arrivare alla prossima programmazione con azioni calibrate”, ha spiegato Zannier, ricordando che tra le linee di finanziamento è stata già attivata, per esempio, quella molto attesa (600mila euro la dotazione) per l’adeguamento delle vasche di contenimento del liquame.
L’assessore ha anche sottolineato l’importanza di attivare un percorso Ocm-Organizzazione comune di mercato per il latte, ricalcando quanto è avvenuto per il settore del vino con grande apprezzamento dei produttori. L’Ocm latte potrebbe occuparsi della gestione delle produzioni Dop e di un conseguente piano strategico per i prodotti correlati, nonché per il monitoraggio dei flussi di latte.
Le parole d’ordine dell’intervento dell’assessore sono state: condivisione, rete, filiera, interscambio continuo e azioni comuni, ma sempre sotto un coordinamento regionale, pena la “mancanza di governo e allontanamento dalla realtà di mercato”.
“La Regione non vuole restare alla finestra, ma condividere le strategie future, senza togliere spazi di sindacato a nessuno, come infatti viene previsto – ha chiarito Zannier – negli organismi individuati dallo studio: serve un approccio che va fuori dallo schema classico che ci vedeva nel passato puntare su un singolo anello di filiera”.

L’assessore Zannier ad Agriest.

Innovazione dei prodotti, miglioramento qualitativo della materia prima, programmazione produttiva e aggregazione commerciale sono alcuni dei punti contenuti nel documento strategico. E quattro sono le azioni proposte: creazione di una o più organizzazioni di produttori regionali riconosciute dalla normativa europea per pianificare la produzione adeguandola alla domanda; valorizzazione e specializzazione delle filiere locali e rafforzamento dei legami con il territorio attraverso incentivi alla produzione di foraggi, immissione programmata di latte nel mercato, differenziazione qualitativa del latte in base all’utilizzo, sfruttamento dei big data, armonizzazione dei regolamenti di Polizia rurale. Terza azione, il rilancio del formaggio Montasio Dop, appunto, come “prodotto bandiera”.
Infine, un focus sulla produzione di montagna per garantire la giusta retribuzione delle imprese attraverso, per esempio, la diversificazione della produzione di trasformati del latte per esaltarne le caratteristiche qualitative.

Bovina con vitellino di Pezzata rossa.

 

Il formaggio piace a tutti
ma va conosciuto meglio

Tutti mangiamo il Montasio e siamo contenti di farlo perché è indubbiamente buono. Ma cosa sappiamo di questo prodotto contraddistinto dal marchio Dop? Ci viene in aiuto una scheda del professor Francesco Marangon, economista agrario dell’Università di Udine, che figura fra i membri consultivi del consiglio di amministrazione del Consorzio per la tutela del Formaggio Montasio che ha sede a Codroipo. Eccola:
“La zona di produzione del formaggio Montasio, originariamente limitata all’omonimo massiccio, comprende oggi l’intera regione Friuli Venezia Giulia, le province di Belluno e Treviso, e parte delle province di Padova e Venezia.
La produzione del Montasio rispecchia la tendenza generale del comparto produttivo e degli altri formaggi a pasta cotta e semidura, suoi diretti concorrenti. Mentre nei primi anni del 2000 la produzione complessiva di formaggio Montasio superava il milione di forme l’anno, negli ultimi anni le forme prodotte sono state intorno alle 800 mila; nel 2017 hanno raggiunto quota 794 mila, corrispondenti a circa 5.600 tonnellate. Da notare che, nell’anno in corso, la produzione appare in crescita rispetto all’anno precedente, a fine settembre 2018 le forme prodotte sono state 625 mila, contro le 581 del settembre 2017, con un aumento pari al 7,41%. Nel 2018 si supereranno ampiamente le 850 mila forme, registrando un sensibile aumento rispetto agli anni precedenti.
Il miglioramento delle performance può essere spiegato con l’adozione di nuove strategie di penetrazione commerciale e la scelta di ampliare la gamma di prodotti. In primo luogo, le decisioni strategiche riguardano essenzialmente il lavoro fatto per rilanciare l’identità specifica ed il posizionamento del prodotto, anche attraverso la partecipazione a fiere ed eventi di rilievo. In secondo luogo, la volontà di rispondere al meglio alle esigenze sempre più diversificate delle diverse tipologie di consumatori, si è concretizzata con il lancio di nuovi formati monoporzione e con la crescente visibilità garantita dalle produzioni biologiche di Montasio Dop, così da venire incontro anche ai consumatori più attenti alle scelte di responsabilità e sostenibilità ambientale. Una tradizione gastronomica offerta da imprese che sanno evolversi senza tradire i propri valori”.

Ottimo il formaggio Montasio stagionato.

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In copertina, la marchiatura del Montasio.

(Foto Consorzio Montasio, Regione Fvg e Wikipedia)

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